Care lettrici e cari lettori, in vista dell’imminente seminario di Marsiglia del 17 ottobre, apriamo una sezione apposita del blog in cui raccoglieremo materiali per facilitare i lavori della giornata di studi e favorire lo scambio tra gli operatori dell’asilo italiani e francesi. Pubblicheremo documenti di presentazione dei sistemi asilo italiano e francese, informazioni sui relatori che parteciperanno al convegno, indicazioni bibliografiche, report ed altri documenti di approfondimento… oltre ai vostri commenti e le vostre osservazioni. Non esitate a sottoporci domande e riflessioni per arricchire la nostra riflessione comune in vista della giornata di studi del 17 ottobre.
- Scheda sul sistema di asilo in Francia
- Presentazione conferenze e tavole rotonde
- Presentazione di relatori e moderatori
Documenti sul diritto di asilo in Francia
Intervista ad un operatore sociale in Italia ed in Francia
- Presentazione conferenze e tavole rotonde
- Presentazione di relatori e moderatori
Documenti sul diritto di asilo in Francia
- Rapport d'activité 2013, Cour Nationale du Droit d’Asile
- Les Missions de l’OFII en 2013, Rapport activités
- “Voyage Au Centre de l’Asile” La Cimade, Janvier 2010
- “À l’écoute du monde” OFPRA, Rapport d’activité 2013
- “L’hébergement et la prise en charge financière des demandeurs d'asile” Inspection générale des affaires sociales, Avril 2013
- “Mission d’appui sur les coûts des centresd’accueil pour demandeurs d’asile (CADA)” Inspection générale des affaires sociales, Novembre 2010
- “MIGRATIONS États des lieux 2014” La Cimade
- “Aida Annual Report 2013-2014”AIDA Project
- “Les étrangers en France”, 2012
- “L’organisation des structures d'accueil pour demandeurs d'asile en France” Réseau Européen des Migrations (REM), Octobre 2013
Intervista ad un operatore sociale in Italia ed in Francia
Care lettrici e cari lettori, in vista dell’incontro di Marsiglia
abbiamo pensato di arricchire il nostro blog con una breve intervista doppia ad
un operatore dell’asilo italiano ed uno francese. Per quanto riguarda l’Italia,
abbiamo intervistato Michele Rossi, responsabile area progettazione e ricerca
di Ciac Onlus e moderatore di una delle tavole rotonde in programma a
Marsiglia. Per la Francia, invece, abbiamo intervistato due componenti del
comitato organizzato della nostra giornata di studi: Roberta Derosas,
educatrice presso il Centro di accoglienza per richiedenti asilo gestito
dall’Associazione LOGISOL a Marsiglia e Christine Ponsin, coordinatrice del
Centro di accoglienza per richiedenti asilo gestito dall’associazione Jane
Pannier a Marsiglia.
1 -Come si è evoluto il lavoro dell’ operatore
sociale negli ultimi dieci anni?
Michele: Il lavoro dell’operatore sociale,
specificamente nel campo dei servizi di accoglienza e integrazione in Italia,
ha dovuto misurarsi con uno spazio interstiziale, quello prodotto
dall’urto\scontro tra quelle che potremmo definire – metaforicamente – due
moli. Da un lato i sistemi dei servizi territoriali, senza che vi fosse (ed è
ben lungi dall’essersi compiutamente definita) una strategia complessiva che
definisse ruoli, funzioni e modalità di azione dei diversi enti e servizi
pubblici coinvolti; e dall’altro il complesso, articolato e multiforme universo
di aspettative, bisogni, risorse e problemi (non sempre facilmente accessibile)
emergente dal contatto e della relazione con i “cosiddetti” beneficiari.
Questo spazio e questa funzione di
mediazione, (nelle numerose interviste condotte per diversi progetti ritorna
spesso l’immagine di una “cerniera” e trova conferma nella mia esperienza
personale) è uno spazio critico, sottoposto a diverse e contrastanti tensioni.
Definirne identità professionale, funzione sociale riconosciuta, pratiche, strumenti
e rischi è stato per molti degli operatori che hanno attraversato l’ultimo
decennio un “lavoro nel lavoro”, un impegno nell’impegno; dalla valenza sociale
e culturale al tempo. La precarietà – a differenti livelli, dalla precarietà
dei “progetti” a quella “contrattuale” e l’assenza di più complessive politiche
di Welfare, ha fatto sì che per molti operatori sociali crescesse unitamente al
loro know-how professionale e formazione, anche una percezione, forte, di
solitudine, di iper-responsabilizzazione nel rendere esigibili diritti in
contesti dove tale esigibilità pareva demandata all’impegno personale, prima
ancora che professionale, del singolo operatore sociale, spesso unica
interfaccia di un sistema disfunzionale, difficilmente modificabile, che
obbligava “in absentia” a supplirne carenze e paradossi. Specializzazione e
parcellizzazione delle funzioni, approccio creativo e vincolo alle risposte
disponibili, individualizzazione dei percorsi e standardizzazione, ma anche costruzione
di legami di dipendenza vs autonomia sono apparenti contraddizioni che in
questo processo si sono spesso trovate irrisolte. Queste ed altre dimensioni
hanno comunque sviluppato un dibattito ed una ricerca che pur contratta dal
frenetico ritmo dell’operatività si trova oggi, nella varietà delle diverse
esperienze territoriali, a interrogarsi e a sperimentare nuove modalità di
abitare, attraversare e interpretare lo spazio dell’azione e della relazione.
Anche a partire da una crescente consapevolezza che nel dibattito sull’asilo,
nel discorso pubblico sulle politiche dell’asilo, la figura dell’operatore è
stata troppo spesso oggetto di rimozione.
Roberta
e Christine: Negli ultimi dieci
anni, non è possibile di parlare di evoluzione, ma di una regressione del
lavoro sociale nell’accompagnamento dei richiedenti asilo e beneficiari della
protezione internazionale in Francia.
Questo è determinato da una serie di fattori. Se
in precedenza, la competenza delle politiche dell’asilo era gestita dal Ministero
degli affari esteri e, per quanto riguarda l’accompagnamento sociale e
l’accoglienza, dal Ministero degli affari sociali, a partire dal 2007 la
gestione del «sistema asilo» è passata interamente al Ministero dell’Interno. Inoltre, la diminuzione dei finanziamenti per
i centri d’accoglienza ha determinato da un lato il peggioramento delle
condizioni di lavoro degli operatori di servizio e, dall’altro, un
deterioramento delle condizioni d’accoglienza. Questo ha ad esempio determinato
anche un notevole aumento del numero dei richiedenti asilo in carico per ogni
singolo operatore. In questo contesto di sovraccarico di lavoro, l’operatore
sociale è costretto a dare priorità alla procedura d’asilo e
all’accompagnamento giuridico, a scapito dell’accompagnamento sociale e dei
percorsi di integrazione.
È importante sottolineare inoltre che l’operatore
sociale in Francia si ritrova a lavorare in un contesto in cui i tassi di
riconoscimento della protezione internazionale sono sempre più bassi, generando
così frustrazioni e tensioni.
Infine, il Ministero dell’interno e, di
conseguenza, le Prefetture e le associazioni che gestiscono l’accoglienza dei
richiedenti asilo, impongono tempi sempre più rapidi per far uscire più
velocemente i richiedenti asilo e i titolari di protezione internazionale dai
centri, creando tensioni all’interno dei centri e mettendo a rischio il
percorso di accompagnamento sociale e la missione stessa degli operatori.
2 - Quali sono le principali esigenze del
richiedente asilo a cui il sistema di accoglienza a tuo parere non riesce a
dare risposta?
Michele: Spesso ho potuto constatare manchino le
risposte ai cosiddetti bisogni primari. E non è questa una affermazione solo banale.
Esprimerla mi serve per evitare la possibile assuefazione. Credo tuttavia che
rispetto al richiedente asilo, data anche la disorganicità della legge e dei
sistemi di accoglienza dedicati alla prima fase del contatto con il paese
d’asilo, manchi un frame di lettura “integrato”. La mancata e tempestiva
integrazione delle risposte ai bisogni emergenti nelle diverse dimensioni
giuridica, sociale, culturale e sanitaria, il configgere di tempi, modi ed i
cortocircuiti che ne derivano, ho l’impressione agiscano come forze
centrifughe, che impongano “partizioni” e cesure categoriali i cui effetti
investono le fasi successive dei percorsi di accoglienza, integrazione e
costruzione dell’autonomia. Tale frammentazione è ipotizzabile che faciliti
fenomeni di parziale o totale invisibilità. Ritengo che la grande potenzialità
del modello di accoglienza diffusa ed integrata consista proprio
nell’attivazione di una intera società\comunità nel partecipare - con quel
soggetto competente di sé che è il
richiedente asilo - a ricostruire l’involucro che la migrazione forzata spesso
manda in frantumi. Credo anche che questa potenzialità debba essere perseguita
con maggiore attenzione, scrupolo, rigore e
soprattutto metodo.
Roberta
e Christine: Il sistema
d’accoglienza non riesce a rispondere alla sua funzione di base: troppi
richiedenti asilo non trovano accoglienza nei centri e restano per strada,
senza nessun tipo di accompagnamento. Inoltre, nessun programma specifico è pensato
o attuato per le categorie vulnerabili.
Nonostante i richiedenti asilo abbiano diritto di
lavorare dopo un anno di presenza sul territorio, il loro accesso effettivo al
mercato del lavoro è ostacolato, incrementando in questo modo le fila del
mercato del lavoro nero.
La riduzione dei fondi ha determinato, allo stesso
modo, una riduzione drastica degli interventi degli interpreti anche quando la
loro presenza sarebbe indispensabile.
Infine va aggiunto che sono pochissimi gli
interventi volti a favorire l’integrazione dei richiedenti asilo (per
esempio corsi di francese).
3 - Quali sono le tue aspettative sul seminario di Marsiglia?
Michele: Acquisire opinioni, strumenti e opzioni
per sviluppare il mio lavoro sul territorio e rifornire quel pensiero che prova
a focalizzare sul cambiamento dell’ambiente per renderlo più accessibile, equo
e possibilmente ricco e capace di trasformarsi, evolvere e non cedere, franare
e andare in frantumi come sembra accadere ad ogni ritorno dell’”emergenza”.
Troppo spesso il concetto di “resilienza” è stato applicato ai soli richiedenti
asilo (specie se vittima di tortura). Penso possa essere applicato ai sistemi
territoriali e nazionali. Come funzionano sistemi resilienti? Ho aspettativa di
condividere questa domanda e qualche opzione, spunto e ipotesi di risposta.
Roberta
e Christine: Le aspettative sono molteplici:
conoscere il sistema d’asilo italiano e permettere la creazione di una rete
europea di operatori sociali.
La dimensione europea delle politiche di
accoglienza rischia di concretizzarsi nei vari paesi determinando un
abbassamento della tutela del diritto d’asilo: sarebbe dunque auspicabile che
le riflessioni e i suggerimenti degli operatori che lavorano in questo ambito
possano contrastare le spinte al deterioramento delle condizioni di accoglienza
dei richiedenti asilo e proporre modelli comuni capaci di tutelare le persone
accolte.*
*Le dichiarazioni riportate in questa intervista
non riflettono la posizione delle associazioni ma unicamente quella delle
autrici e pertanto è unicamente loro la responsabilità di quanto espresso.
Chers lecteurs, mesdames et messieurs, en vue de la journée d'étude à Marseille le 17 octobre 2014 sur le droit d'asile et le travail social et à fin de faciliter les échanges d'informations entre intervenants sociaux italien et français, nous vous présentons cette nouvelle page de notre blog. Vous pouvez y trouvez des documents de présentations sur le deux systèmes d'asile, italien et français, des informations sur les intervenants, une riche bibliographie, rapports et articles.....et vos commentaires et questions. N'hésitez pas à poser des questions sur les systèmes d'asile italien et français pour enrichir notre réflexion commune en vue de la journée d'étude du 17 octobre.
- Programme de la journée
- Programme de la journée
- Document de présentation du système d’asile en Italie
- Présentation conférences et tables rondes
- Preséntation des intervenants
Interview à un travailleur social en France et en Italie
- Présentation conférences et tables rondes
- Preséntation des intervenants
Documents de présentations sur le système d'asile en Italie
- “Recommendations on important aspects of refugee protection in Italy” UNHCR , July 2013
- “Procédure d’asile et conditions d’accueil en Italie” Rapport OSAR, Mai 2011
- “Italie: conditions d’accueil” Document OSAR, Octobre 2013
- "National Country Report: Italy" AIDA Project, April 2014
- “Mare Nostrum noyé dans Triton?” Communiqué de presse Migreurop, 8 octobre 2014
- “The Organisation of Reception Facilities for Asylum Seekers in different Member States” EMN Focussed Study 2013
- “Rescued what next? Protection seekers strandend in Sicily” JRS, October 2014
Interview à un travailleur social en France et en Italie
Chères lectrices et chers lecteurs, en vue
de la journée d’étude du 17 octobre à Marseille nous avons pensé d’enrichir notre
blog avec une brève interview à un travailleur social en France et en Italie.
En ce qui concerne l’Italie, nous avons interviewé Michele Rossi, chargé de
projet et de recherche de l’association CIAC qui s’occupe depuis longtemps de
l’accueil pour demandeurs d’asile à Parme, ainsi que animateur d’une des deux
tables rondes prévues dans le programme de notre journée d’étude. Pour la France, nous avons interviewé deux
membres du comité de pilotage de la journée d’études: Roberta Derosas,
éducatrice spécialisée dans un centre d’accueil pour demandeurs d’asile à
Marseille de l’association Logisol et Christine Ponsin, chef de service dans un
centre d’accueil pour demandeurs d’asile à Marseille de l’association Jane
Pannier.
1 - Comment
le travail du TS a évolué dans les dernières 10 années ?
Michele: Le travail de l’intervenant social, en relation
avec les champs d’intervention de l’hébergement et de la réinsertion en Italie,
a dû se confronter avec une réduite marge de manœuvre produite par
l’affrontement entre deux réalités, qu’on pourrait nommer métaphoriquement deux
« môles ». D’un côté le système d’accueil organisé autour des projets
territoriaux (les centres d’accueil) liés au SPRAR (Service central pour la
protection des demandeurs d’asile et des réfugies), sans une véritable
stratégie globale de définition des rôles, des fonctions et des modalités
d’intervention des différents acteurs associatifs et institutionnels impliqués ;
de l’autre l’univers complexe, embrouillé, multiforme des attentes, des
besoins, des ressources et des problèmes (pas toujours facilement
identifiables) créé par le contact et la relation avec les personnes
accompagnées.
Cette marge de
manœuvre et cette fonction de médiation (dans les nombreux entretiens menés
dans différents centres d’accueil, l’image de la « charnière » est
souvent utilisée pour décrire le rôle de l’intervenant social, ce qui trouve
confirmation également dans mon expérience personnelle) se concrétisent comme
espace critique soumis à de tensions diverses et contrastantes. Définir
l’identité professionnelle, la fonction sociale reconnue, les pratiques, les
outils et les risques de ce travail a représenté pour les travailleurs sociaux
ces dernières dix années un « travail dans le travail », un
« engagement dans l’engagement » d’une portée à la fois sociale et
culturelle.
La précarité- à
différents niveaux, de la précarité des « projets » d’accueil et des
centres à la précarité liée aux contrats de travail- et l’absence de politiques
sociales globales a généré dans beaucoup de travailleur sociaux un fort sentiment
de solitude, en parallèle à l’acquisition progressive de compétences
professionnelles spécifiques. Dans ce contexte de solitude, le travailleur
social a dû faire face à des dynamiques d’hyper-responsabilisation de son
action, afin d’assurer l’accès effectif aux droits dans des situations où la
protection de ces droits était entièrement déléguée aux efforts personnels,
bien avant qu’à sa mission professionnelle. Le travailleur social est en effet
très souvent la seule interface d’un système structurellement dysfonctionnant,
difficilement modifiable, qui oblige « in absentia » à trouver des
stratégies pour remédier è ses paradoxes et à ses manques.
Spécialisation
et fragmentation des fonctions, approche créative et contraintes dans la
définition des solutions disponibles, personnalisation des parcours et
standardisation de l’accompagnement, construction des liens de dépendance et
accompagnement vers l’autonomie…..ce ne sont que certaines des contradictions
que dans ce processus de mise en place du système d’accueil n’ont pas encore
trouvé de solution.
Toutes ces
questions et bien d’autres ont engendré un débat et une recherche qui- même si
limités par le contexte frénétique du rythme de travail sur le terrain et dans
la variété des acteurs- à l’heure actuelle ont favorisé l’émergence de
réflexions et d’expérimentations de nouvelles modalités d’accueil et ont permis
de réinterpréter l’espace des actions et des relations. Ces réflexions s’inscrivent également dans la
prise de conscience grandissante que dans le débat sur l’asile et dans les
discours publics autour des politiques d’asile, le rôle du travailleur social a
été trop souvent et pour trop longtemps refoulé.
Roberta et Christine: Durant les dix dernières années,
il n'est pas possible de parler d'évolution mais plutôt de régression du
travail social dans l'accompagnement des demandeurs d’asile et des
bénéficiaires de la protection internationale en France.
Cette régression a été
causée par divers facteurs. Si précédemment la compétence des politiques de
l'asile était du Ministère des affaires étrangères et, en ce qui concerne
l'accompagnement social et l'accueil, du Ministère des affaires sociales, à partir
de 2007 la gestion du "système asile" est passée entièrement sous le
contrôle du Ministère de l'Intérieur.
En plus le système
d’accueil a subi une progressive diminution des financements, en causant d'un côté
la dégradation des conditions de travail des travailleurs sociaux et de l'autre
la dégradation des conditions d'accueil. Cela a déterminé, par exemple, une
considérable augmentation du taux d’encadrement. Dans ce contexte de surcharge
de travail, le travailleur social est donc obligé à donner la priorité dans son
travail quotidien à la procédure d'asile et à l'accompagnement juridique, au
détriment de l'accompagnement social et des parcours d'intégration.
Il est important de
souligner que le travailleur social en France se trouve à travailler dans un
contexte où les taux de reconnaissance de la protection internationale sont de
plus en plus bas : cela génère pour le travailleur social beaucoup de
tension et de frustration.
En conclusion, le
Ministère de l'Intérieur et, par conséquent, les Préfectures aussi bien que les
associations qui gèrent l'accueil des demandeurs d’asile, imposent des délais
de plus en plus strictes pour faire sortir le plus rapidement possible les
personnes hébergées dans les centres. Cette pression cause de fortes tensions
dans les centres et met en danger le parcours d'accompagnement social et les
missions des travailleurs sociaux.
2 - Quelles sont les principales exigences du DA auxquelles le
système d'accueil n’arrive pas à répondre ?
Michele: J’ai pu constater que trop souvent des réponses
efficaces aux besoins primaires font défaut. Cela n’est pas une réponse banale,
car l’affirmer me permet d’éviter toute éventuelle insensibilité. Je crois
néanmoins que par rapport au demandeur d’asile- à cause aussi de la législation
complexe et des systèmes d’accueil désorganisés et chaotiques surtout dans la
première étape de prise de contact avec le pays d’asile- il nous manque un
cadre commun d’interprétation et de lecture de l’existant. La défaillante et
lente intégration des réponses aux besoins du demandeur d’asile relatifs à la
dimension juridique, sociale, culturelle et sanitaire de l’accompagnement ont
des conséquences directes sur les différentes étapes des parcours d’accueil,
d’intégration et de reconstruction de l’autonomie. J’ai le sentiment que ces
problèmes, auxquelles il faut rajouter aussi l’opposition entre la temporalité
de l’accompagnement et les contraintes de la procédure, agissent comme des forces
contrastantes qui causent des courts-circuits et des ruptures dans
l’accompagnement.
Il est possible
de supposer que cette fragmentation engendre des phénomènes d’invisibilité
partielle ou totale. Je considère que la grande potentialité du modèle de
système d’accueil en diffus sur le territoire national et inscrit localement
réside dans le fait que toute la société/communauté d’un territoire s’active
pour participer – avec le demandeur d’asile- à reconstruire ce contexte de vie
protecteur que la migration forcée a très souvent brisé. Je crois également que
cette potentialité devrait être renforcée et soutenue avec une attention
majeure, avec plus de soin, de rigueur et surtout de méthode.
Roberta et Christine: Le système d'accueil n'arrive pas
à répondre à sa fonction de base : trop de demandeurs d’asile n'ont pas de
place dans les centres d’hébergement et restent à la rue, sans aucun type
d'accompagnement. En plus, aucun programme spécifique est pensé ou mis en place
pour les catégories vulnérables.
Bien que les demandeurs
d’asile aient le droit de travailler après un an de présence sur le territoire,
leur réel accès au marché de travail est presque impossible : de cette
manière les demandeurs d’asile ne peuvent que recourir au marché au noir.
La réduction
des fonds a déterminé une importante et dramatique réduction des interventions
des interprètes, même quand leur présence serait indispensable.
Et dernier lieu, les interventions
qui ont comme but l’intégration des demandeurs d’asile (par ex : les cours
de français, les formations professionnelles) sont très peu nombreuses.
3 - Les attentes pour la journée
Michele: Acquérir
opinions, outils et idées pour développer mon travail sur le terrain et ressourcer
la pensée et la réflexion focalisées sur le changement du système afin de le
rendre plus accessible, plus équitable. Réfléchir donc à des solutions pour rendre
le système d’accueil plus riche et capable de se transformer, d’évoluer et non
pas de régresser et de s’écrouler comme à chaque retour des « situations
d’urgence ». Trop souvent le concept de résilience n’a été appliqué qu’aux
demandeurs d’asile (spécialement si victime de torture). Je considère que ce
concept pourrait également être appliqué aux systèmes d’accueil locaux et
nationaux. Comment des systèmes résilients pourraient fonctionner ?
J’espère pouvoir partager ce questionnement et bien d’autres idées et
hypothèses de réponse.
Roberta et Christine: Les attentes pour cette journée
sont nombreuses : tout d'abord connaître le système d'asile italien et
permettre la création d'un réseau entre travailleurs sociaux européens.
En partant du constat que
la dimension européenne des politiques d'accueil risque de se traduire dans les
différents pays en déterminant une baisse de la tutelle du droit d'asile, il
serait donc souhaitable que les réflexions et les suggestions des travailleurs
sociaux qui travaillent dans ce domaine puissent contraster les éléments de détérioration
des conditions d'accueil des demandeurs d’asile et proposer des modèles communs
capables de protéger efficacement et dignement les personnes accueillies. *
* Les déclarations de cette
interview ne reflètent pas le positionnement des associations mais elles
n’engagent que la responsabilité individuelle.
*3