Il Consiglio
dell'Unione dell'8 marzo, riunito in formazione
Giustizia e Affari Interni, ha adottato una decisione importante che,
a seguito della definitiva approvazione da parte del Parlamento
europeo (prevista entro la fine di marzo), modificherà la Decisione
2007/573/CE (che
istituisce il Fondo europeo per i rifugiati per il periodo
2008-2013).
La
Decisione adottata, in sostanza:
- introduce priorità comuni UE nel reinsediamento per l'anno 2013 e
- modifica le regole che riguardano il sostegno finanziario che gli Stati membri ricevono per il reinsediamento dei rifugiati da Paesi terzi.
Ciò
allo scopo di creare un programma
comune di reinsediamento UE,
che aumenti l'impatto – umanitario e strategico – del reinsediamento di rifugiati da Paesi terzi a
Stati membri UE.
Il
reinsediamento. Di cosa si tratta?
Il
reinsediamento – cioè il trasferimento, generalmente con la
collaborazione dell'UNHCR, di rifugiati
dal Paese di primo asilo a un Paese terzo che ha accettato di
accoglierli – è una delle tre soluzioni
durature
per i rifugiati, assieme all'integrazione
nella società di accoglienza e al rimpatrio
volontario.
Spesso,
anzi, si tratta dell'unica
soluzione duratura possibile,
cui si fa ricorso quando sono impraticabili le altre due, per motivi
oggettivi o legati alle caratteristiche individuali dei singoli.
Si
tratta dunque di uno strumento
di grandissimo valore e umanità,
grazie al quale decine di migliaia di rifugiati che non potevano
rimanere nel Paese di primo asilo (ad esempio perché la loro vita
era a rischio anche lì), né potevano sperare di rientrare nel
proprio, hanno potuto cominciare una nuova vita in un terzo Paese.
Il
reinsediamento è, inoltre, una misura di solidarietà
verso quei Paesi, generalmente poveri o poverissimi, che ospitano la
maggior parte dei rifugiati nel mondo.
Non
va infatti mai dimenticato che l'80% dei rifugiati, secondo i
dati dell'UNHCR, vive nei Paesi c.d. “in via di sviluppo”.
Accanto alle finalità di protezione dei rifugiati e di
solidarietà verso i Paesi terzi, vi è poi una componente che potremmo definire
utilitaristica.
Non
esistendo, infatti, un obbligo di reinsediare anche un solo rifugiato
sul proprio territorio, tale soluzione richiede la
cooperazione degli Stati di destinazione, i
quali sono legittimati a scegliere se
reinsediare, chi reinsediare (le sue caratteristiche: provenienza, religione,
livello di educazione, famiglia o singolo,...) e da dove (cioè da
quale Paese di primo asilo).
Può
dunque ben succedere che, al momento di prendere una decisione di
reinsediare sul proprio territorio, entrino in gioco anche
considerazioni sulla “prospettiva
di integrazione”
dei beneficiari, nonché valutazioni
di politica estera.
Fondamentale, in tutto questo, il ruolo dell'UNHCR che, agendo da mediatore, nei
negoziati può bilanciare queste considerazioni con criteri e
priorità basati sul bisogno
di protezione degli individui.
Il
reinsediamento presenta anche un altro indiscutibile vantaggio, in
quanto si tratta di una procedura che consente un ingresso
“ordinato”,
che evita il ricorso a pericolosi viaggi per raggiungere il Paese di
reinsediamento.
Tuttavia,
nonostante questi vantaggi, il reinsediamento è ancora molto
poco utilizzato.
Probabilmente perché agli Stati piacerebbe che fosse “sostitutivo” degli ingressi in altra maniera di
richiedenti asilo. Non essendo così, tale strumento viene forse visto come un ulteriore
fardello sulle spalle dei sistemi di asilo nazionali.
Secondo
le stime dell'UNHCR (Projected Global Resettlement Needs 2012), le
persone potenzialmente bisognose di reinsediamento a livello mondiale
nei prossimi anni sono quasi 800.000, di cui più di 170.000 lo
saranno nel corso del 2012.
I posti messi a disposizione dagli Stati, a livello globale, sono
invece 80.000
e i reinsediamenti effettivamente avvenuti nel corso del 2010 sono
stati meno di 73.000, di cui 54.000 verso gli Stati Uniti, 6.700
verso il Canada, 5.600 verso l'Australia.
Per
trovare un Paese dell'UE in questa classifica bisogna così arrivare
al quarto posto,
con la Svezia, che ha reinsediato poco meno di 1.800 persone nel
2010.
Gli
Stati membri dell'Unione europea, dunque, non hanno purtroppo
dimostrato negli ultimi anni particolare brillantezza nel rispondere
ai bisogni di reinsediamento.
Per
dirla con le parole della Commissione europea nella sua Comunicazione
sull'istituzione di un programma comune di reinsediamento UE,
“[i]l
numero di rifugiati reinsediati nell'UE è in netto contrasto con il
numero di coloro che sono stati accolti da molti altri paesi
industrializzati”,
anche se “[a]llo
stesso tempo l'UE riceve in proporzione un numero maggiore di
richiedenti asilo 'spontanei' rispetto ad altre parti del mondo
industrializzato.”
(punto 2.1).
NB: occorre
distinguere il reinsediamento da Paesi terzi verso Stati membri
dell'UE, da quello che avviene da uno Stato membro all'altro (es.: da
Malta alla Francia), cui si fa anche riferimento con il termine
“ricollocazione”.
La
Decisione che modifica la Decisione 573/2007/CE
Le ragioni alla base della Decisione sono dunque chiare:
- Il reinsediamento di rifugiati persegue un duplice obiettivo: da un lato, umanitario, dall'altro, strategico.
- Finora gli Stati membri sono avanzati (poco e) in maniera non coordinata, con scarsi risultati.
- Un'azione comune a livello UE, che incoraggiasse fra l'altro più Stati membri ad avviare attività in questo campo, aiuterebbe a incrementare sia l'impatto umanitario del reinsediamento (in termini di solidarietà verso i rifugiati e i Paesi terzi) sia quello strategico (come strumento di politica estera dell'UE, capace di aumentarne la credibilità internazionale). Senza dimenticare che azioni coordinate permetterebbero di abbattere i costi legati al reinsediamento (logistica, visite mediche, colloqui di orientamento,....)
Nel
Programma
di Stoccolma (capitolo 6.2.3 - “Dimensione esterna dell'asilo”) c'è scritto che il Consiglio europeo invita
“il
Consiglio, il Parlamento europeo e la Commissione a incoraggiare la
partecipazione volontaria degli Stati membri al regime comune di
reinsediamento dell'UE e ad aumentare il numero totale di rifugiati
reinsediati, tenendo conto della situazione specifica di ciascuno
Stato membro”
Qual è l'obiettivo del programma?
L'obiettivo
del programma comune di reinsediamento UE è quello di aumentare
l'impatto del reinsediamento sulla protezione offerta ai rifugiati
e di massimizzare
l'impatto strategico del reinsediamento,
attraverso l'individuazione delle persone maggiormente bisognose.
Allo stesso tempo, modificando le regole che riguardano il sostegno
finanziario che gli Stati membri ricevono in caso di reinsediamento,
il programma mira a incoraggiare
un maggior numero di Stati ad avviare attività in questo campo.
Cosa
prevede il programma comune?
A seguito delle
modifiche che saranno apportate alla Decisione 573/2007/CE (e in particolare all'art. 13), gli Stati membri riceveranno dal FER un importo fisso
supplementare per ogni persona reinsediata sulla base delle seguenti priorità:
- persone provenienti da regioni o paesi designati per l'attuazione di un programma di protezione regionale;
- persone appartenenti a uno o più dei seguenti gruppi vulnerabili: _ bambini e donne a rischio; _ minori non accompagnati; _ vittime di violenza e/o tortura; _ persone che necessitano di cure mediche importanti che possono essere garantite solo con il reinsediamento; _ persone che necessitano di reinsediamento di emergenza o di urgenza per bisogni di protezione di carattere legale e/o fisico;
- le priorità specifiche comuni dell'UE per il 2013, elencate nell'allegato.
Mentre
le categorie di persone elencate nei punti 1) e 2) vengono modificate
poco o niente rispetto a quanto già oggi prevede la Decisione in
vigore (le uniche aggiunte sono evidenziate sopra in corsivo), la
vera novità è rappresentata dal punto 3) e dall'allegato a cui fa riferimento.
Tale
allegato prevede le seguenti priorità per il 2013, basate - si dice nel Preambolo della Decisione - sui criteri e le previsioni annuali dell'UNHCR:
- rifugiati congolesi nella regione dei grandi laghi (Burundi, Malawi, Ruanda, Zambia)
- rifugiati dall'Iraq in Turchia, Siria, Libano, Giordania
- rifugiati afgani in Turchia, Pakistan, Iran
- rifugiati somali in Etiopia
- rifugiati birmani in Bangladesh, Malesia e Thailandia
- rifugiati eritrei nel Sudan dell'Est
Un'altra
novità è poi rappresentata da un cambio nelle regole alla base del
sostegno finanziario. Al fine di invogliare
gli Stati a partecipare al programma comune di reinsediamento,
è previsto infatti che la somma per persona reinsediata sia di 4.000
euro per chi ha già ricevuto dal Fondo l'importo fisso per il reinsediamento più di una
volta, di 5.000 per chi l'ha ricevuto solo una volta, di 6.000 per
chi lo riceve per la prima volta.
Gli Stati dovranno, entro
il 1° maggio 2012,
comunicare alla Commissione la stima del numero di persone che
reinsedieranno (suddivise nelle varie categorie), sulla base delle
suddette priorità, nel corso del 2013.
Si
noti infine che tali modifiche intervengono su un Fondo a cui resta
solo poco più di un anno di vita.
Abbiamo
già dato conto tempo fa delle proposte avanzate dalla Commissione in materia di Fondi europei nel settore
Affari Interni per il periodo 2014-2020. Per questo, le priorità elencate nella presente
Decisione saranno valide solo per l'anno 2013, mentre, all'interno
del nuovo strumento legislativo sarà inserito un meccanismo per stabilire
le future priorità comuni UE per il reinsediamento.
NB:
Irlanda e Danimarca non partecipano a tale Decisione e non ne sono
vincolate, in virtù dei rispettivi Protocolli annessi ai Trattati.
Il Regno Unito ha scelto di esserne vincolato.