martedì 29 marzo 2016

Informazioni sui Paesi di origine dei richiedenti asilo - La nuova newsletter e le attività di Asilo in Europa

Come già annunciato nei post precedenti, continua la nostra attività di ricerca di informazioni sui paesi di origine dei richiedenti asilo, anche note con l’acronimo “COI” (Country of Origin Information).

Da oggi è online la newsletter di Febbraio curata in collaborazione con il Servizio Politiche per l’Accoglienza e l’Integrazione sociale della Regione Emilia-Romagna, contenente informazioni dettagliate (e i link relativi alle fonti dai quali sono tratte) sui seguenti paesi: Afghanistan, Gambia, Mali, Nigeria, Pakistan, Ucraina. Segnaliamo anche la pubblicazione dell’ultimo rapporto di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nel mondo.

Ricordiamo inoltre che da quest’anno l’associazione si propone di supportare il lavoro di istituzioni, realtà del terzo settore, avvocati e giornalisti anche attraverso servizi più specifici e dettagliati come la risposta a quesiti su situazioni particolari relativamente a determinate aree geografiche o a paesi di origine dei richiedenti asilo. 
Scopo di questa attività è di prevedere degli strumenti e delle risposte ad hoc in base alle esigenze di chi commissiona la ricerca.

Per avere maggiori informazioni o per conoscere le modalità di attivazione della collaborazione, scriveteci a:

ricerche[at]asiloineuropa.it
asiloineuropa[at]gmail.com

giovedì 17 marzo 2016

L'accordo con la Turchia e le mosse "audaci" dell'UE. La nostra analisi.

Al termine di un lungo negoziato, nella notte fra il 7 e l’8 marzo i capi di Stato o di governo dell’Unione europea hanno raggiunto un parziale accordo con le autorità turche per affrontare la crisi umanitaria che ha portato centinaia di migliaia di persone a rischiare la vita, attraversando il mare dalle coste turche alle isole greche e poi risalendo la c.d. “rotta balcanica”. A seguito di quel primo accordo è stata pubblicata una dichiarazione dei capi di Stato o di Governo dell’UE. Il 16 marzo la Commissione europea ha poi pubblicato una Comunicazione contenente un piano operativo per mettere in atto l’accordo, che deve essere ancora perfezionato e chiuso, ma del quale intanto circolano già versioni non ufficiali. Di seguito presentiamo la nostra analisi.

La Dichiarazione dei Capi di Stato o di Governo dei Paesi UE e la successiva Comunicazione della Commissione del 16 marzo

L'incontro con le autorità turche era stato preceduto da numerose dichiarazioni da parte di importanti esponenti politici nazionali e di rappresentanti delle istituzioni UE, volte a sottolineare la necessità di mosse audaci (“bold moves”). Il Commissario UE alla migrazione e agli affari interni, Avramopoulos, aveva detto che c'erano una decina di giorni di tempo prima che il sistema crollasse; la presidenza di turno del Consiglio dell'Unione, in capo ai Paesi Bassi, si era spinta a dire che la dimensione degli arrivi non era più sostenibile ed il tempo stava per finire. 
La scelta austriaca di ammettere solo numeri limitati di persone alla frontiera, la chiusura dei confini da parte degli Stati dei Balcani occidentali e l’incessante flusso diretto in Germania, facevano presagire che la situazione fosse ad un punto di svolta. Probabilmente però non in molti avevano pensato che le mosse audaci si sarebbero tradotte in una sostanziale dichiarazione di chiusura indiscriminata delle frontiere dell’Unione.

Da quanto emerge dalla dichiarazione dei Capi di Stato e di Governo, l’accordo tra UE e Turchia prevederebbe di affrontare la drammatica situazione attuale (milioni di siriani, e non solo, in fuga dalle loro case, spesso a causa di guerre e persecuzioni) respingendo sommariamente in Turchia tutti coloro i quali tenteranno di entrare irregolarmente tramite le isole greche (“to return all new irregular migrants crossing from Turkey into the Greek islands with the costs covered by the EU”). Ciò garantirebbe alla Turchia l’accelerazione delle pratiche per la liberalizzazione dei visti per l’Area Schengen, oltre che la riapertura delle discussioni per l’accesso della Turchia all’UE. Da parte sua, poi, quest’ultima si impegnerebbe a versare rapidamente 3 miliardi di euro in progetti per sostenere i rifugiati siriani in Turchia e a reinsediare in Europa dalla Turchia un rifugiato siriano per ogni rifugiato siriano riammesso in Turchia dalle isole greche. La dichiarazione ricorda, inoltre, l'impegno dell'UE di reinsediare su base volontaria 20,000 rifugiati siriani in due anni e di continuare a lavorare per un credibile programma di ingressi umanitari dalla Turchia. 
La successiva Comunicazione della Commissione del 16 marzo cerca di “aggiustare il tiro”, sottolineando – pur con alcune contraddizioni qua e là – che le espulsioni verso la Turchia non sarebbero sommarie né collettive ma dovrebbero avvenire nel rispetto della normativa UE ed internazionale. Quindi, solo a seguito di una valutazione caso per caso e con una serie di garanzie per i richiedenti asilo, incluso il diritto a un'intervista individuale e ad un ricorso effettivo (e solo qualora la Turchia potesse essere considerata, per ogni singolo richiedente asilo, un “Paese di primo asilo” o un “Paese terzo sicuro”; si veda la nostra scheda sulla Direttiva Procedure, in particolare gli artt. 35 e 38).

Il contesto

Secondo l’UNHCR, quasi ottomila persone hanno perso la vita nel Mar Mediterraneo dal 2014 ad oggi, mentre quasi un milione e mezzo di persone nello stesso arco di tempo sono riuscite ad arrivare vive sulle coste dell'Italia e della Grecia, per poi riprendere in molti casi la loro marcia verso la propria destinazione finale. I movimenti della stragrande maggioranza di queste persone sono forzati da conflitti, guerre e persecuzioni.
Asilo in Europa, già alcuni mesi fa, in occasione del lancio dell’Agenda europea sulle migrazioni (che pure era stata accolta con grande favore dai più), aveva segnalato le fortissime criticità di un approccio miope, incapace di tenere minimamente conto delle esigenze e delle aspirazioni reali dei rifugiati. Avevamo voluto sottolineare come l’approccio Hotspot, seppur addolcito da qualche migliaio di posti di ricollocazione e reinsediamento, fosse una medicina assolutamente inadeguata per fronteggiare una situazione estremamente complessa. Ciò che maggiormente ci colpiva allora e continua a colpirci oggi è lo stridente contrasto fra la disperazione e l'ostinazione di chi ha dovuto lasciare la propria casa, ha visto morire i propri cari, è sopravvissuto ad un viaggio disgraziato e pericoloso, e si trova ora di fronte, nella migliore delle ipotesi, la burocrazia europea nelle forme della ricollocazione verso un altro Paese, magari diverso e lontano da quello auspicato. Peraltro, già allora, i flussi stavano cambiando, ridirezionandosi sulla Grecia e la rotta balcanica e mettendo in ginocchio il neonato approccio Hotspot, tutto calibrato su altri numeri, altri flussi e altre rotte. Pensare adesso che l’Italia abbia quasi gli stessi posti per la ricollocazione offerti alla Grecia, che ha avuto circa sei volte gli sbarchi dell’Italia nel 2015, aiuta a comprendere la poca lungimiranza e la lentezza delle risposte dell’UE.

La cecità e le responsabilità

Nuovo anno, stessa emergenza, resa sempre più acuta da mesi di assenza di risposte. E ora, questa dichiarazione, diretta a dimostrare la capacità di fare bold moves. Spiace dirlo, ma quella che prima era poca lungimiranza ora si sta trasformando in cecità. Pensare – come emerge dalla Dichiarazione dei Capi di Stato e di Governo – di affrontare la crisi dei rifugiati, dei quasi tre milioni di siriani attualmente in Turchia, con i respingimenti sommari e collettivi verso la Turchia non solo ci appare immorale ed in violazione della normativa UE e internazionale, ma risulta a nostra opinione una misura assolutamente inadeguata ed effimera. Anche la versione proposta dalla Commissione nella sua Comunicazione del 16 marzo – in cui pure è evidente lo sforzo di far rientrare ogni ipotesi di espulsione all'interno della legalità – ci pare per lo meno discutibile in quanto basata su una valutazione della Turchia come “Paese di primo asilo” o “Paese terzo sicuro”. Il che è naturalmente tutto da dimostrare e rischia di rendere allo stesso modo inadeguato ed inefficace l'accordo, oltre a comportare il rischio di allungare i tempi e creare situazioni sempre più critiche e ingestibili sulle isole greche.

I milioni di siriani, iracheni, afghani, che si trovano in transito verso l’Europa non verranno fermati dai respingimenti sommari, come in passato non sono stati fermati dai muri, dal filo spinato e da altri respingimenti. Quelle persone, quei rifugiati, sceglieranno semplicemente altre strade, magari più pericolose, magari più costose, magari più lunghe, ma di certo non si fermeranno, per la semplice ragione che non possono tornare nei Paesi da cui sono fuggiti. Rispetto al fatto che molti possano vivere e restare in altri Paesi, quali la Turchia, ci sembra giusto ricordare che la stragrande maggioranza dei rifugiati nel mondo si trova proprio nei Paesi limitrofi alle zone di guerra

I conflitti attuali, che stanno devastando Paesi interi e privando di speranze milioni di persone, buttandole di fatto fra le braccia dei fondamentalismi, affondano le loro radici anche in responsabilità storiche (a volte molto recenti, basti pensare alla Libia o all'Iraq) da cui i Paesi più industrializzati non possono certo dirsi esenti. L’Europa, e con lei tutto il “nord del mondo”, deve fare la propria parte. In tutti i campi, a partire dall'impegno ai più alti livelli per frenare i conflitti e ristabilire condizioni di vita dignitose nei Paesi più in difficoltà. Questa è l'unica strada credibile per combattere la crisi attuale. Una strada già ora difficilissima e che lo diventa sempre di più man mano che il tempo passa. Da oltre cinque anni il conflitto siriano ha fatto fuggire le persone a milioni. La stragrande maggioranza è rimasta nei Paesi adiacenti, sperando di poter fare rientro nelle proprie abitazioni. È inevitabile che un certo numero di persone arrivi anche in Europa e che questo sia via via più alto man mano che il numero di rifugiati cresce, soprattutto ora che la speranza che il conflitto finisca va scemando e il desiderio di ricominciare una nuova vita, non in un campo profughi, cresce.

Un siriano per un siriano

In questo contesto deve anche essere analizzato l’impegno dell’UE a reinsediare un rifugiato siriano per ogni rifugiato riammesso dalla Turchia. Asilo in Europa ritiene inaccettabile e immorale qualsiasi tipo di baratto avente ad oggetto i diritti dei rifugiati e in particolare di quelli che mettono a repentaglio la loro vita in mare perché obbligati, non bisogna mai dimenticarlo, dall'assenza di vie di ingresso regolari in Europa. Davvero stiamo pensando di respingere naufraghi e fare entrare un numero equivalente in sicurezza? Di decidere il numero delle persone da mettere in salvo sulla base di quante saranno disposte a mettere a rischio la propria vita? 
Oltre che inaccettabile e immorale, riteniamo che questa misura sia altresì illegittima (in caso di eventuali respingimenti sommari o collettivi) e inadeguata a fronteggiare il flusso di migranti e rifugiati “in marcia” verso l’Europa. Un tale flusso potrà diminuire solo se e quando si affronteranno alla radice i problemi dei Paesi d’origine. Non c’è nulla di audace nel respingere alle frontiere migliaia di persone. Non sarà dunque l'accordo UE-Turchia a lasciare una traccia nelle pagine di storia del nostro continente, ma le scene di queste settimane, di uomini, donne e famiglie con bambini e anziani, lasciati a vivere, nascere e morire nel fango

Conclusione

Volendo chiudere questo breve commento in termini propositivi, riteniamo più urgente che mai che l’UE fornisca tutto l'aiuto possibile alla Grecia e ai Paesi interessati dalla “rotta balcanica” per fronteggiare la terribile crisi umanitaria, lanci un ambizioso piano di reinsediamento dalla Turchia e da altri Paesi terzi, e faccia pressione sugli Stati membri affinché rilascino visti per ragioni umanitarie e favoriscano i ricongiungimenti familiari. Sono queste le misure che nell'immediato, combinate a una seria e non più rinviabile azione di medio-lungo periodo sulle cause all'origine delle migrazioni forzate, potrebbero rappresentare delle vere mosse audaci per contrastare il traffico di esseri umani, favorire un’accoglienza ragionata e pianificata e, cosa più importante di tutte, fermare la strage di esseri umani che sta avvenendo a due passi da casa nostra.

martedì 15 marzo 2016

Asylum statistics in Italy

The Italian Ministry for Home Affairs recently released some interesting statistics on the situation of asylum in the country. This post is largely based on these data, available here and here.   

At the end of January 2016, 104.750 migrants were hosted in reception centres throughout the country against 67.128 in February 2015.
The migrants are distributed among Italian regions according to the size of their population: Lombardia and Sicilia host the most (13% and 12% respectively), followed by Lazio, Piemonte, Campania and Veneto with 8% each. The reception centres can be extremely diverse

venerdì 4 marzo 2016

Sulla stessa terra - Iniziativa pubblica, Bologna 18 marzo 2016


SULLA STESSA TERRA
Un anno di "crisi dell'asilo in Europa”

Bologna, venerdì 18 marzo 2016, h. 16
Centro Poggeschi, via Guerrazzi 14


Lo scorso marzo, con l'iniziativa Sulla stessa barca, mettevamo a confronto i sistemi di accoglienza di Francia, Belgio e Svezia, interrogandoci su similitudini e differenze con l'Italia. 
Da allora, molto è cambiato.

Il 2015 sarà ricordato come un anno decisivo. Doveva rappresentare un punto di arrivo nella costruzione del sistema europeo comune di asilo, grazie al recepimento delle ultime direttive europee in materia. Invece, il forte incremento degli arrivi e l'allarme terrorismo hanno mandato in crisi sistemi di accoglienza e ogni ipotesi di solidarietà fra gli Stati, fino alla stessa messa in discussione dello spazio Schengen.

Cosa è successo in questi mesi di “crisi dell'asilo in Europa”? Quanto sono cambiate e quanto ancora cambieranno le politiche di accoglienza negli altri Stati membri? Quali possibili strade da percorrere?
Ne parleremo con chi conosce i sistemi di asilo di altri Stati dall'interno. Un'occasione unica per confrontarsi direttamente con chi lavora in altri sistemi di accoglienza.

Interverranno:

Claudia Bonamini - Belgio
Benedetta Badii - Francia
Lorenzo Vianelli – Svezia

Vi aspettiamo!

Per informazioni sulla sede dell'incontro: www.reteloyola.it 
Per ogni altra informazione: asiloineuropa[at]gmail.com

giovedì 3 marzo 2016

Donne richiedenti asilo e persecuzioni basate sul genere - Nuova tesi per la nostra rubrica Asylum Scholar

Nuova tesi per la nostra rubrica "Asylum Scholar" che raccoglie elaborati in materia di asilo e protezione internazionale. Oggi è la volta di Martina Vanelli, con una tesi dal titolo "Women transgressing discriminatory social norms: gender-related persecution in the context of the 1951 Convention relating to the status of refugees".

Come sempre, nelle righe che seguono potrete trovare una breve introduzione scritta dalla stessa autrice e il link alla tesi completa. 
Buona lettura e continuate a inviarci i vostri elaborati!


Women transgressing discriminatory social norms: gender-related persecution in the context of the 1951 Convention relating to the status of refugees
Martina Vanelli
University of Leiden
L.L.M Public International Law