mercoledì 10 luglio 2013

Non applicabilità della Direttiva Rimpatri ai richiedenti asilo - Sentenza della Corte di Giustizia UE nella causa Arslan (C-534/11)

La Corte di Giustizia dell'UE (Terza Sezione) ha emesso, lo scorso 30 maggio, una sentenza rilevante ai nostri fini, di cui ci occupiamo oggi non avendo potuto farlo prima. 
La causa era la C-534/11 (Arslan), avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta alla Corte da un giudice della Repubblica ceca e riguardante l'interpretazione della Direttiva 2008/115/CE (c.d. Direttiva Rimpatri).

In particolare, il giudice nazionale chiedeva ai giudici di Lussemburgo: 
1) se, in base all'art 2 par. 1, la Direttiva Rimpatri fosse applicabile o meno ai richiedenti asilo  e 
2) se, in caso di risposta negativa alla prima domanda, il trattenimento dello straniero ai fini del rimpatrio dovesse cessare nel momento in cui questi presentasse domanda di protezione internazionale e non sussistessero altre ragioni per continuare il trattenimento.

Vediamo di seguito le risposte della Corte, ricordando come sempre che le pronunce pregiudiziali dei giudici di Lussemburgo vincolano non solo il giudice nazionale che le ha richieste (c.d. "giudice del rinvio") ma tutti i giudici che dovranno applicare il diritto dell'Unione europea in circostanze simili.





Questi i fatti alla base della controversia:

  • In data 1 febbraio 2011, il sig. Arslan, di nazionalità turca, veniva fermato dalle autorità ceche senza documenti di viaggio né visto e di conseguenza veniva trattenuto in vista del suo allontanamento. 
  • L'8 febbraio il trattenimento veniva prolungato a 60 giorni e, contemporaneamente, il sig. Arslan presentava domanda di protezione internazionale. 
  • Il 25 marzo 2011 il trattenimento veniva prolungato ulteriormente di 120 giorni, in considerazione del fatto che – essendo ancora in corso l'esame della domanda di protezione internazionale - non era possibile eseguire la decisione di allontanamento. 
  • Il sig. Arslan presentava ricorso contro tale decisione di proroga del trattenimento, affermando che non vi fosse più alcuna ragionevole probabilità che la sua espulsione potesse avvenire entro il limite massimo previsto dalla normativa ceca per il trattenimento (180 giorni), in quanto – come egli stesso preannunciava – qualora la decisione sulla sua domanda di protezione internazionale fosse stata respinta, egli si sarebbe avvalso di tutti i mezzi di impugnazione possibili. 
  • Il ricorso del sig. Arslan contro la decisione di proroga del trattenimento veniva respinto dal giudice di primo grado ed egli proponeva ricorso davanti alla Corte Suprema Amministrativa, che sospendeva il procedimento e sottoponeva alla Corte di Giustizia le domande di pronuncia pregiudiziale di cui abbiamo detto sopra.

Nel frattempo, il Ministero dell'Interno aveva respinto la domanda di protezione internazionale del sig. Arslan, il quale in data 27 luglio 2011 veniva comunque liberato per scadenza dei termini del trattenimento.

La Corte, dopo aver dichiarato la ricevibilità del ricorso benché il ricorrente fosse ormai stato liberato e, secondo le informazioni disponibili, fosse subito scomparso, passa ad analizzare entrambe le questioni. 




1) La non applicabilità della Direttiva Rimpatri ai richiedenti asilo

La risposta alla prima domanda parte da due considerazioni (par. 43-47 della sentenza): 
a) la Direttiva Rimpatri si applica, in base al suo art. 2 par. 1, ai cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare
Per soggiorno irregolare, in base all'art. 3 si intende “che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni (…) di ingresso, di soggiorno o di residenza”. Il considerando 9 della stessa Direttiva Rimpatri, poi, precisa che “il soggiorno di un cittadino di un Paese terzo che abbia chiesto asilo in uno Stato membro non dovrebbe essere considerato irregolare […] finché non sia entrata in vigore una decisione negativa in merito alla sua domanda di asilo o una decisione che pone fine al suo diritto di soggiorno quale richiedente asilo”;
b)  la Direttiva Procedure stabilisce (art. 7 par. 1 e salvo le limitate eccezioni previste dal par. 2) il diritto per i richiedenti asilo a rimanere, ai fini esclusivi della procedura, nello Stato membro in cui la loro domanda è stata depositata, fintantoché l'autorità competente non si sia pronunciata in primo grado su tale domanda; l'art. 39 par. 3 della stessa Direttiva Procedure consente poi agli Stati di ampliare tale diritto, prevedendo che la proposizione di un ricorso avverso la decisione negativa di primo grado abbia effetto sospensivo e dunque permetta ai ricorrenti di rimanere nel proprio territorio.

E' dunque evidente come un richiedente asilo ha il diritto a rimanere nel territorio dello Stato membro fino a che la sua domanda di protezione internazionale non sia stata respinta (almeno) in primo grado e non può quindi essere considerato in condizioni di “soggiorno irregolare” ai sensi della Direttiva Rimpatri.

Pertanto, la Direttiva Rimpatri non è applicabile al richiedente la protezione internazionale durante il periodo che intercorre tra la presentazione di tale domanda e l'adozione della decisione dell'autorità di primo grado che si pronuncia su tale domanda o, eventualmente, fino all'esito del ricorso che sia stato proposto avverso tale decisione.





2) Possibilità di mantenere il trattenimento nei confronti di una persona che presenti una domanda di asilo.

Il fatto che la Direttiva Rimpatri non sia applicabile ai richiedenti asilo non significa naturalmente che il loro trattenimento non sia ammesso. Già in altre occasioni, infatti, la Corte ha dichiarato che il trattenimento di un cittadino di Paese terzo in condizione di soggiorno irregolare ai fini del suo allontanamento (disciplinato dalla Direttiva Rimpatri) e il trattenimento nei confronti di un richiedente asilo rientrano in regimi giuridici distinti (V. in particolare sentenza del 30 novembre 2009, Kadzoev, C-357/09, §45).

Del trattenimento dei richiedenti asilo si occupano infatti la Direttiva Accoglienza e la Direttiva Procedure le quali in realtà – prima della loro recentissima rifusione, di cui ci occuperemo diffusamente nei prossimi giorni – non prevedevano alcuna armonizzazione dei motivi in base ai quali può essere disposto il trattenimento di un richiedente asilo. Fino ad ora, gli Stati hanno dunque avuto la possibilità di stabilire autonomamente tali motivi, nel rispetto – ovvio – dei loro obblighi tanto europei quanto internazionali.
In particolare, afferma qui la Corte (par. 58), il trattenimento di un richiedente asilo è possibile qualora sia il risultato “non della proposizione della domanda di asilo, ma delle circostanze che caratterizzano il comportamento individuale di tale richiedente prima e all'atto della presentazione di detta domanda”. 

In un caso come quello oggetto del procedimento principale, in cui il trattenimento era stato disposto in quanto da un lato il comportamento dell'interessato suscitava il timore che, in mancanza di tale provvedimento, egli potesse darsi alla fuga e, dall'altro, la domanda appariva essere stata presentata al solo scopo di ritardare o rendere impossibile l'esecuzione della decisione di rimpatrio, il mantenimento del trattenimento può essere giustificato. (par. 57)
Infatti,  pur se la Direttiva Rimpatri, come abbiamo visto, è momentaneamente inapplicabile, ciò non vuol dire che il procedimento di rimpatrio sia definitivamente interrotto. Al contrario, esso può riprendere laddove la domanda di asilo venga poi respinta
Del resto, la finalità stessa della Direttiva Rimpatri – ossia l'efficace rimpatrio dei cittadini dei Paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare – sarebbe compromessa se fosse impossibile per gli Stati evitare che, solo presentando una domanda di asilo, l'interessato possa essere automaticamente rimesso in libertà. (par. 60) 

Al contrario, prevedendo la possibilità di ricorrere a forme di esami prioritari o accelerati della domanda di asilo qualora questa abbia lo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione di una decisione di rimpatrio, la Direttiva Procedure mira proprio a dotare gli Stati degli strumenti necessari per poter garantire l'efficacia del procedimento di rimpatrio anche qualora questo sia sospeso per il tempo necessario all'esame adeguato della domanda di asilo.


Ciò detto, i giudici di Lussemburgo precisano molto opportunamente in conclusione (par. 62) che “il solo fatto che un richiedente asilo, al momento della proposizione della sua domanda, sia oggetto di un provvedimento di allontanamento e che sia disposto il suo trattenimento in base all'art. 15 della Direttiva [Rimpatri] non permette di presumere, senza una valutazione caso per caso di tutte le circostanze pertinenti, che egli abbia presentato tale domanda al solo scopo di ritardare o compromettere l'esecuzione della decisione di allontanamento e che sia oggettivamente necessario e proporzionato mantenere il provvedimento di trattenimento”.


Queste dunque le risposte della Corte alle domande dei giudici Corte suprema amministrativa della Repubblica ceca:

"1) L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva [rimpatri], in combinato disposto con il considerando 9 di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che tale direttiva non è applicabile al cittadino di un paese terzo che ha presentato una domanda di protezione internazionale ai sensi della direttiva [procedure], e ciò durante il periodo che intercorre tra la presentazione di tale domanda e l’adozione della decisione dell’autorità di primo grado che si pronuncia su tale domanda o, eventualmente, fino all’esito del ricorso che sia stato proposto avverso tale decisione.
2) La direttiva [accoglienza], e la direttiva [procedure] non ostano a che il cittadino di un paese terzo, che abbia presentato una domanda di protezione internazionale ai sensi della direttiva [procedure] dopo che sia stato disposto il suo trattenimento ai sensi dell’articolo 15 della direttiva [rimpatri], continui ad essere trattenuto in base ad una norma del diritto nazionale qualora appaia, in esito ad una valutazione individuale di tutte le circostanze pertinenti, che tale domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o compromettere l’esecuzione della decisione di rimpatrio e che è oggettivamente necessario che il provvedimento di trattenimento sia mantenuto al fine di evitare che l’interessato si sottragga definitivamente al proprio rimpatrio."


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