Come sempre, nelle righe che seguono potrete trovare una breve introduzione scritta dalla stessa autrice e il link alla tesi completa.
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Women transgressing discriminatory social norms: gender-related persecution in the context of the 1951 Convention relating to the status of refugees
Martina Vanelli
University of Leiden
L.L.M Public International Law
La seguente tesi è volta all’analisi delle problematiche relative alle donne richiedenti asilo ed alle persecuzioni sulla base del genere come motivo per richiedere lo status di rifugiato.
In particolare, all’Articolo 1 della Convenzione sullo Status dei Rifugiati del 1951 vi è un mancato riferimento al termine ‘genere’ tra i motivi elencati, laddove è espressamente stabilito che taluno possa richiedere lo status di rifugiato solo se fondato su un “giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche”.
Per tale esplicita mancanza, le donne richiedenti asilo si trovano ad affrontare quotidianamente numerose difficoltà per vedersi riconosciuto lo status di rifugiato, dovendo dimostrare di rientrare in uno dei motivi citati della suddetta Convenzione.
Pertanto, il seguente elaborato si prefigge di analizzare approfonditamente se la Convenzione sullo Status dei Rifugiati del 1951 riesca a garantire una protezione sufficiente alle donne che hanno presumibilmente trasgredito, nei propri paesi di origine, norme sociali discriminatorie e, pertanto, sono costrette a cercare protezione altrove.
In particolare, poiché un'analisi delle pratiche di tutti i Paesi firmatati della Convenzione sullo Status dei Rifugiati avrebbe richiesto una disamina molto più approfondita, sono stati presi in considerazione tre Stati, l'Italia, il Canada e la Gran Bretagna, parti oltre che della Convenzione stessa, di altri trattati di diritto internazionale inerenti i diritti delle donne e dei bambini. Inoltre, i tre
Stati predetti hanno un ruolo chiave nell'ambito dei flussi migratori e nell'accoglienza delle domande di asilo, pertanto, mediante una metodologia di ricerca analitica e di studio di casi pratici, verranno analizzate le pratiche di questi in merito all'applicazione della Convenzione suddetta.
Inoltre, per rispondere al quesito principale, verranno utilizzate tre questioni secondarie. In primo luogo, verrà esaminato fino a che punto determinate pratiche culturali sancite in norme sociali, quali, a titolo di esempio, l'obbligo di sottoporsi a mutilazioni genitali femminili, vengano considerate discriminatorie nei confronti delle donne.
Secondariamente, quando il termine “discriminazione” nei confronti delle donne può equivalere a “persecuzione” e come questo possa essere collegato ai motivi elencati all'Articolo 1 sopra menzionato.
Infine, come gli stati appena sopra citati applichino in pratica il quadro così definito dalla Convenzione sullo Status dei Rifugiati del 1951 nel momento in cui si trovino ad avere a che fare con donne richiedenti asilo.
L'ultimo capitolo dell'elaborato è dedicato a possibili soluzioni per ovviare alla mancanza di un'esplicita protezione garantita dalla Convenzione in questione. Alcune delle proposte menzionate sono state avanzate anche da autorevoli studiosi di diritto internazionale, tuttavia, nessuna di questa pare aver trovato un riscontro tale da permettere una modifica della Convenzione, in un senso più
garantistico nei confronti delle donne richiedenti asilo, che siano costrette a lasciare il proprio paese per presunte violazioni di norme considerabili come discriminatorie e che ammontano ad una vera e propria persecuzione.
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