Il 7 marzo 2017 la Corte di Giustizia dell'Unione europea si è pronunciata su un caso molto importante che aveva suscitato grande attesa fra gli operatori del settore, soprattutto a seguito della cosiddetta “opinione” dell'Avvocato generale (ovvero un parere che ha la funzione di assistere, ma che non vincola, i giudici della Corte nel prendere la loro decisione).
Il caso – X e X, contro Belgio, C-638/16 – aveva ad oggetto, come si spiegherà più nel dettaglio sotto, la concessione di un visto per ragioni umanitarie che avrebbe permesso a una famiglia siriana di entrare in Belgio in condizioni di regolarità e sicurezza.
Cosa aveva sostenuto l'Avvocato generale? In estrema sintesi, nella sua opinione (reperibile qui), l'Avvocato generale aveva proposto ai giudici della Corte di affermare che gli Stati membri sarebbero obbligati a rilasciare un visto con validità territoriale limitata (spiegheremo meglio sotto di cosa si tratta) per ragioni umanitarie, allorché un cittadino di un Paese terzo ne faccia richiesta e vi siano sostanziali motivi per ritenere che il rifiuto di concedere tale visto avrebbe la conseguenza diretta di esporre tale persona ad un trattamento proibito dall'art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE (che vieta la tortura nonché le pene o i trattamenti inumani o degradanti), privandola di una via legale per esercitare il suo diritto a cercare protezione internazionale.
E' evidente quanto il tema sia di grandissima attualità e importanza; per questo motivo la decisione della Corte era tanto attesa e i suoi effetti potenzialmente molto importanti.
I fatti alla base della controversia